L’Artista Tarcisio

testo di Alessandra Ottieri

Tarcisio Merati nasce a Bonate Sopra, a pochi chilometri da Bergamo, il 27 maggio 1934. La sua è una famiglia di artigiani. Le condizioni economiche in cui cresce sono molto disagiate: Tarcisio non accetta, si ribella presto, non condivide lo stile di vita dei suoi familiari. Chi l’ha conosciuto bene (come l’assistente sociale Silvia Pesce, diventata sua grande amica) lo descrive come un esteta nato, raffinatissimo, sempre vestito -anche se con povere cose- con particolare ricercatezza. Nel giardino dell’ospedale psichiatrico di Bergamo dove è stato a lungo, raccoglie tutti i giorni dei fiorellini per l’occhiello o per fare fiocchetti, a volte piccole pigne che gli servono come ornamento sulla giacca.

Piccolo e grassottello, di modi gentilissimi, usa spesso diminuitivi: l’ospedale lo chiama “il castelletto”, il latte “lattino”. Perde il padre quando è piccolo. La madre si risposa con un panettiere, un uomo rozzo e violento, che spesso lo picchia, a volte usando il martello. Dopo le elementari segue l’avviamento professionale, concentrandosi sul disegno tecnico, dove pare fosse abilissimo. Fino ai diciotto anni lavora come garzone in panetteria. Alla fine degli anni Cinquanta va a cercare lavoro in Svizzera come muratore. Ha già svolto questa attività a Bergamo senza molto successo.

A venticinque anni, nel 1959, le sue condizioni psichiche subiscono un tracollo: la miseria economica e culturale, le liti in famiglia, il secondo matrimonio della madre (che chiamerà sempre “la Viscardi”, solo con il suo cognome), un lavoro non amato lo rendono vulnerabile in maniera insostenibile. “Decide” di reagire presentando, anche in forme aggressive, un’immagine di sé tutta diversa: crede di essere ora un romanziere, ora un musicista, ora un uomo politico importante. Comincia il suo dellirio di onnipotenza.

Si inventa fidanzate che non esistono. Diventa un mitomane. Nel suo delirio sceglie un nuovo ruolo sociale, una nuova condizione di agiatezza; si identifica con una cultura, con un mondo radicalmente diversi dai suoi. “vuole ripartorire se stesso”, scrive Maria Rita Parsi nell’unica biografia esistente sull’artista (alla quale mi ispiro, ringraziandone di cuore l’autrice) “in una ‘forma’ che gli appartenga”. Viene ricoverato per la prima volta il 7 agosto 1959.

Quando entra nell’ospedale neuropsichiatrico provinciale di Bergamo si sente in fuga, avverte l’inizio di “una libertà conquistata attraverso la scissione e il delirio”. La cartella clinica recita: “Sindrome dissociativa, schizofrenia”; più tardi: “Psicosi in ritardo mentale”. Entra ed esce dal manicomio più volte. Mostra atteggiamenti minacciosi nei riguardi di ragazze, non ha abbandonato la sua mitomania e scopre ora, a ventisette anni, un ruolo nuovo: si presenta come maestro elementare in attesa di sistemazione.

Subisce il primo elettroshock poi l’insulino-terapia, per provocare un nuovo shock, questa volta ipoglicemico. Tenta più volte la fuga. Una volta il suo ex padrone, dal quale si è recato per chiedere lavoro, lo riporta in ospedale. Negli anni seguenti, dal 1974 al 1984, le cartelle cliniche non registrano nessun cambiamento sostanziale. Eppure è avvenuta una grande novità. Nella nota clinica del 23 luglio 1983 si può leggere: “Discretamente pulito, anche nel reparto e all’atelier, disegna quadri piuttosto astratti”.

Ma già dal 1975, anche se nessuno lo registra, Tarcisio ha scoperto la pittura. E da quest’anno fino all’83, la produzione artistica è enorme. Frequenta l’atelier dalla mattina alla sera, non ha altro che la pittura. Il suo mondo si popola di simboli, di un suo personale alfabeto, di un codice di colori do ve si ripetono temi costanti.

Ci sono gli “uccelletti”, uccelletti variopinti che si confondono a volte con le “macchinette”. Di queste esistono una trentina di repliche. Tercisio ama le serie: ci sono le incudini, le carte dell’Italia, le lettere decorate, le visioni circolari dal binocolo, apparecchi elettrici o strumenti da lavoro, insetti.

Gli anni di massima ispirazione sono il 1975 e il 1976. Dal 1983 la produzione si interrompe bruscamente. Cosa è successo? La sorella porta a casa perché più volte Tarcisio è sembrato più “buono” in famiglia. Comincia a lavorare a domicilio (non è indifferente per il modesto reddito familiare che Tarcisio riceva una pensione per il suo passato lavoro di muratore), assemblando dalla mattina alla sera, per le industrie della zona, piccoli giocattoli, macchinette soprattutto, di cui deve montare le ruote (si può fare dell’amara ironia perché queste erano uno dei suoi soggetti preferiti). Tarcisio “serve” di più fuori che dentro l’ospedale.

Per sette anni non dipinge più. Ma lui vuole tornare nel “castelletto” con i suoi “soldati” (così chiama gli infermieri), “libero dalle dittature della sorella”. Nel frattempo il ricovero coatto viene trasformato in ricovero volontario: è notevolmente migliorato sul piano psichiatrico e, da tempo, si mostra stabilmente tranquillo. Nel 1991 si trasferisce in una casa di riposo vicino al vecchio ospedale, dove c’è ancora l’atelier, che egli riprende a frequentare. Ma il ritmo è ormai più stanco, più lento.

Nel 1993, grande avvenimento: gli viene organizzata la sua prima mostra al Teatro Sociale di Bergamo. E’ entusiasta per la tanta gente venuta, non si esprime ma sorride sempre. Tira spesso fuori dal taschino un uccelletto di plasticache mostra a tutti. Lo stesso anno si costituisce la “Associazione Tarcisio Merati” (promossa dal senatore Carrara e da Silvia Pesce) per tutelare il suo lavoro.

Con l’arrivo della pensione di invalidità si sente ricco. La sua cara amica Silvia Pesce racconta che si vuole finalmente comprare un anello d’oro, qualche bel vestito, delle scarpe (ha un debole per i tacchi alti). Escono spesso insieme nei negozi. Si diverte molto ad accompagnarla al supermercato. Gli ultimi anni trascorrono sereni. Il 22 ottobre 1995 muore per un tumore al polmone.

L’Associazione

L’associazione ha lo scopo di promuovere una serie di attività e iniziative che concorrano a valorizzare e far conoscere la personalità e la produzione di Tarcisio Merati attraverso l’organizzazione di mostre e manifestazioni socio culturali. Svolge inoltre studi, comparazioni e ricerche nell’area dell’Art Brut.

In questi anni ha svolto un intenso lavoro espositivo culminato con l’esposizione tenutasi nel 1993 presso il Teatro Sociale di Bergamo e pubblicando un primo catalogo delle opere; concedendo in prestito su richiesta di gallerie e musei le proprie opere; allacciando contatti con associazioni, collezionisti ed istituzioni.

Le risorse economiche derivanti dall’attività vengono finalizzate al recupero di disabili mentali, attraverso l’acquisto di materiali o attrezzature e la costruzione-ristrutturazione di locali dove svolgere attività artistiche.

L’associazione fu fondata nel maggio del 1993 con regolare atto notarile da un gruppo di 13 appassionati d’arte coordinati e incoraggiati dal socio fondatore sen. Andreino Carrara.

Fino al 2013 l’associazione è stata guidata dalla passione e dalla visione di Aurelio Mazzoleni; oggi la presidenza è in capo a Maria Silvia Pesce con il supporto di un Consiglio di Amministrazione composto da appassionati e amici dello storico artista.

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